La tredicesima edizione della Festa del Cinema dedica ampio spazio agli incontri con registi, attori e grandi personalità del mondo della cultura.
Martin ScorsesePREMIO ALLA CARRIERA 2018
MARTIN SCORSESE
Martin Scorsese sarà protagonista di un Incontro Ravvicinato, durante il quale riceverà, dalle mani di Paolo Taviani, il Premio alla Carriera assegnato quest’anno dalla Festa del Cinema. L’autore newyorkese, che ha firmato una straordinaria serie di capolavori, da Mean Streets e Taxi Driver a Toro Scatenato, da Quei bravi ragazzi a Casinò, passando per Gangs of New York, The Departed – Il bene e il male, The Wolf of Wall Street e Silence, ripercorrerà la sua carriera cinquantennale e mostrerà alcune sequenze dei film italiani che lo hanno maggiormente influenzato. Quello con l’Italia, è un legame che ha segnato tutta la carriera del grande maestro, nato a Little Italy da una famiglia di immigrati siciliani. La passione per il cinema italiano lo ha accompagnato sin da piccolo quando, dopo la scuola, correva nelle fatiscenti salette del quartiere per vedere i film italiani che arrivavano in quel periodo: i capolavori di Rossellini, De Sica, Antonioni e soprattutto Fellini. In un evento dedicato durante la Festa, il regista Premio Oscar® presenterà, inoltre, San Michele aveva un gallo dei fratelli Taviani, omaggio alla memoria di Vittorio, recentemente scomparso, nella versione restaurata dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale. Scorsese, impegnato in primissima linea nella battaglia per la conservazione del cinema del passato, ha poi selezionato per il pubblico romano tre film per il cui restauro è stata impegnata la Film Foundation da lui promossa. Questi i titoli scelti: Detour di Edgar G. Ulmer (1945), restaurato da Academy Film Archive e The Film Foundation, cofinanziato da the George Lucas Family Foundation; One-Eyed Jacks di Marlon Brando (1961) restaurato da Universal Studios in collaborazione con The Film Foundation, con la consulenza di Martin Scorsese e Steven Spielberg; Ganja & Hess di Bill Gunn (1973), restaurato da The Museum of Modern Art con il supporto di The Film Foundation. L’Incontro Ravvicinato con Martin Scorsese si svolgerà con il sostegno di Campari. Il cineasta sarà ospite di una serata esclusiva presso Villa Medici organizzata in collaborazione con Vanity Fair.
PREMIO ALLA CARRIERA 2018
ISABELLE HUPPERT
Musa di Claude Chabrol, da quando è apparsa sul grande schermo per la prima volta nel 1971, in Primi turbamenti di Nina Companéez, è stato chiaro che Isabelle Huppert non sarebbe mai stata un’attrice come le altre. La Festa del Cinema quest’anno ha voluto rendere omaggio al suo talento e alla sua versatilità consegnandole il Premio alla Carriera che riceverà dalle mani di Toni Servillo. L’attrice parigina sarà anche protagonista di un Incontro Ravvicinato con il pubblico, durante il quale commenterà una serie di clip selezionate fra le pellicole che hanno maggiormente segnato la sua vita di artista. Regina indiscussa del cinema europeo, dotata di charme e talento senza pari e in grado di essere aristocratica, sensuale e dark come nessun’altra, la Huppert ha saputo conquistare il pubblico interpretando personaggi caratterizzati da una complessità e una profondità non convenzionali, sempre inquieti e anticonformisti. Durante la sua carriera ha lavorato con alcuni fra i più grandi cineasti europei e statunitensi, dal sopracitato Chabrol a Jean-Luc Godard, da Marco Ferreri ai fratelli Taviani, da Marco Bellocchio a Michael Haneke, da Michael Cimino e David O. Russell a Maurice Pialat (nella retrospettiva a lui dedicata dalla Festa è presente Loulou con Huppert protagonista). Premiata in tutto il mondo per le sue interpretazioni, tra cui un Leone d’Oro alla Carriera a Venezia nel 2005 e un Golden Globe 2017 per Elle di Paul Verhoeven (film che le ha regalato la prima nomination all’Oscar® della sua carriera), Isabelle Huppert ha portato la recitazione istintiva a livelli mai raggiunti da nessun altro interprete, regalando al suo pubblico personaggi animati da intense contraddizioni interiori e una profonda fragilità. L’Incontro Ravvicinato si svolge con il sostegno di Poste Italiane.
PIERRE BISMUTHUn progetto di Videocittà in collaborazione con Festa del Cinema
Non solo cinema ma tutte le arti visive al centro dell’incontro con Pierre Bismuth al MAXXI. Artista post-concettuale, Bismuth realizza opere nelle quali il pensiero, i concetti, le idee diventano immagini, visioni e suoni, opere che riflettono e lavorano sui rapporti e sui confini tra percezione e realtà, tra finzione e realismo, tra fiction e documentario, attraverso la commistione di generi, di stili e di mezzi di comunicazione. Nato nel 1963 a Neuilly-sur-Seine, ha studiato arte prima a Parigi, e poi a Berlino con Georg Baselitz. Creatore di installazioni per le quali usa diversi mezzi, come pittura, scultura, video, collage, approda al cinema e vince, insieme a Charlie Kaufman e Michel Gondry, il premio Oscar® 2005 per la Miglior sceneggiatura originale con Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of the Spotless Mind), uno dei film che forse meglio mostrano i meccanismi e il paesaggio del cervello e dell’anima umana. Esordisce alla regia nel 2016 con il film Where Is Rocky II?. Se il cinema, decostruito, compariva già in diverse installazioni precedenti alla sceneggiatura di Se mi lasci ti cancello, l’arte è, come in un gioco di specchi, la protagonista di Where is Rocky II?, il cui titolo non si riferisce al pugile interpretato da Sylvester Stallone, bensì a una misteriosa opera d’arte, una roccia finta in resina creata nel 1979 da Ed Ruscha, nascosta dal suo autore tra le vere, reali rocce del deserto del Mojave e mai comparsa in nessun catalogo ufficiale: il film segue la ricerca di quest’opera d’arte da parte dello stesso Bismuth, di un investigatore privato da lui assoldato, e di due sceneggiatori di Hollywood che vorrebbero scrivere un film su questa specie di caccia al tesoro.
CATE BLANCHETT
Il programma degli Incontri Ravvicinati della tredicesima edizione della Festa quest’anno si arricchisce della presenza di una delle interpreti più intense e raffinate del cinema contemporaneo, la due volte Premio Oscar® Cate Blanchett. Premiata dall’Academy per i suoi ruoli in The Aviator di Martin Scorsese e Blue Jasmine di Woody Allen, l’attrice australiana, dotata di un fascino aristocratico e di un magnetismo da diva del passato, vanta un’eccezionale lista di collaborazioni, da Steven Spielberg a Peter Jackson, da Wes Anderson a Ron Howard, da David Fincher a Steven Soderbergh e Todd Haynes. Dopo essersi iscritta alla facoltà di Economia della University of Melbourne, Cate decide di abbandonare il corso accademico per studiare recitazione al Sydney’s National Institute of Dramatic Arts e, una volta diplomata, entra a far parte della Sydney Theatre Company. Il suo debutto nel cinema avviene nel 1997 con il film Paradise Road di Bruce Beresford, al fianco di Glenn Close. Ma è l’anno successivo che viene catapultata sulla vetta dell’Olimpo, prestando il volto a un’algida e risoluta regina Elisabetta in Elizabeth di Shekhar Kapur, ruolo per il quale riceve la sua prima nomination agli Oscar® e vince il Golden Globe. Da lì in avanti, la sua è stata una carriera in continua ascesa, costellata di una varietà di personaggi anche molto diversi tra loro, tutti raccontati con stile ed eleganza. Nel 2016 l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati l’ha nominata Goodwill Ambassador per il suo impegno umanitario.
THIERRY FRÉMAUX
Dal 1997 Direttore Generale dell’Istituto Lumière di Lione, dal 2001 ai vertici del Festival di Cannes prima come Direttore Artistico e poi come Delegato Generale, Thierry Frémaux ha saputo conciliare, in qualità di organizzatore di una delle più prestigiose rassegne cinematografiche, le due anime del cinema, quella commerciale e quella artistica. Una vita passata a visionare più di mille film all’anno, a cercare e selezionare opere in giro per il mondo, a convincere attori, registi e artisti a far parte delle giurie. Di questa vita ha raccontato nell’autobiografia “Sélection officielle”, pubblicata nel 2017 in Francia dall’editore Grasset: 600 pagine di ricordi e aneddoti su imprevisti, conversazioni e soluzioni diplomatiche per le situazioni più complicate. Di recente, Frémaux ha fatto parlare di sé per le scelte rigorose e, in alcuni casi controcorrente, attuate in occasione dell’ultima edizione della kermesse. L’incontro tra Frémaux e il pubblico della Festa del Cinema sarà l’occasione per discutere l’attuale significato dei festival cinematografici e la loro possibile evoluzione.  
MARIO MARTONE
Conversazione con Concita De Gregorio sul caso Elena Ferrante
Mario Martone ha iniziato la sua carriera artistica in teatro prima di esordire alla regia cinematografica con il suo primo lungometraggio Morte di un matematico napoletano (1992), storia di Renato Caccioppoli che gli vale il Gran premio della giuria alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, oltre al David di Donatello e al Nastro d’Argento come miglior esordiente. L’anno successivo gira a Napoli, sua terra natia, il mediometraggio Rasoi (1993), ispirato a uno spettacolo teatrale precedentemente allestito al Teatro Mercadante. Autore di un cinema aspro, essenziale, come testimoniano L’amore molesto (1995, David di Donatello per la regia), Teatro di guerra (1998) e L’odore del sangue (2003), tutti presentati a Cannes, si dedica a un film sul Risorgimento, Noi credevamo, con Luigi Lo Cascio, con cui ha ottenuto numerosi e importanti riconoscimenti. Dopo Il giovane favoloso (2014), sulla vita di Giacomo Leopardi, Mario Martone ha recentemente girato Capri-Revolution, ambientato sull’isola napoletana nel 1914. Il regista sarà ospite della Festa del Cinema con un Incontro Ravvicinato durante il quale discuterà con Concita De Gregorio del caso editoriale di Elena Ferrante, famosa in tutto il mondo per la serie “L’amica geniale”, edita in Italia da E/O. A unire il percorso dei due autori è la trasposizione cinematografica de L’amore molesto che sarà presentato alla Festa in versione restaurata.
MICHAEL MOORE
Il regista statunitense Premio Oscar® e attivista politico Michael Moore, che durante la tredicesima edizione della Festa del Cinema presenterà il suo ultimo lavoro, Fahrenheit 11/9, sarà anche protagonista di un Incontro Ravvicinato con il pubblico. Nato nel 1954 a Davison, sobborgo di Flint, nel Michigan, e destinato a un futuro da impiegato nella General Motors (come suo padre e suo nonno), a ventidue anni decide di tentare la via del giornalismo e fonda il quotidiano locale “Flint Voice”, che dirige per dieci anni. Ma alla fine degli anni ’80 inizia l’attività di documentarista. Da quel momento, l’acume e la sagacia di questo “working class hero” che ha dichiarato guerra al Sistema, cambierà per sempre l’approccio al genere documentaristico. Noto per aver saputo coniugare nelle sue opere un linguaggio schietto e sgombro di artifici, particolarmente adatto a descrivere le dinamiche politico-economiche che governano gli Stati Uniti, a una forte dose di ironia, Moore nel corso degli anni ha indagato su diversi temi ritenuti estremamente scomodi dall’establishment. Tra questi, l’insaziabile avidità dell’industria automobilistica (Roger & Me), la facilità con cui negli USA è possibile reperire armi da fuoco (Bowling a Columbine, Oscar® al Miglior documentario nel 2003), la controversa reazione repubblicana agli attentati dell’11 settembre (Fahrenheit 9/11, Palma d’Oro a Cannes nel 2004), la corruzione dilagante all’interno del sistema sanitario (Sicko), l’ingordigia di Wall Street (Capitalism: A Love Story) e la politica militare americana, messa a confronto con quelle europee (Where to Invade Next). La forza dei fatti, nudi e crudi, affrontati con pragmatismo e con indubbio mestiere: questi sono i tratti distintivi della poetica di Michael Moore.
Shirin NeshatSHIRIN NESHATUn progetto di Videocittà in collaborazione con Festa del Cinema
La fotografa, videoartista e regista iraniana premiata alla Biennale d’Arte di Venezia nel 1999 e vincitrice, nel 2009, del Leone d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia con il suo primo lungometraggio Donne senza uomini, incontrerà il pubblico al MAXXI. Impostasi a livello internazionale come una delle artiste contemporanee più rappresentative nell’esplorare la complessità delle condizioni sociali all’interno della cultura islamica, Shirin Neshat ha sempre rivolto uno sguardo particolare al ruolo della donna in questa cultura. Proprio la condizione femminile e le complesse forze legate alle tradizioni e alla religione che la regolano e il rapporto tra la cultura islamica e quella occidentale sono diventati, nel corso degli anni, il nucleo attorno al quale si è sviluppata la sua ricerca artistica. Dopo i primi anni di studio a Teheran, nel 1974 si trasferisce negli Stati Uniti per il Master of Fine Arts all’Università di Berkeley, dove inizia il suo percorso come fotografa, avvicinandosi progressivamente al cinema e alla videoarte. Il suo ritorno in Iran al termine della rivoluzione fa da impulso per l’avvio della sua carriera anche se dal 1996 non le è più consentito di tornare nel suo paese natale. Nel 2017 gira il suo secondo lungometraggio, Looking for Oum Kulthum, e viene chiamata alla direzione artistica dell’Aida che va in scena al Festival di Salisburgo, sotto la direzione di Riccardo Muti. Oggi Shirin Neshat vive a New York e la sua arte, apprezzata in tutto il mondo, continua a spaziare tra tradizione e modernità, libera da ogni vincolo ed estremismo.
ALBA ROHRWACHER E ALICE ROHRWACHER
Le due sorelle Alba e Alice Rohrwacher, la prima attrice, la seconda regista e sceneggiatrice saranno protagoniste di un Incontro Ravvicinato nella giornata di chiusura della Festa del Cinema. Dopo i primi studi all’Accademia dei Piccoli di Firenze, sua città natale, Alba si diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia nel 2003. L’anno seguente esordisce al cinema con L’amore ritrovato di Carlo Mazzacurati imponendosi subito all’attenzione di critica e pubblico. La freschezza e la discrezione che caratterizzano ogni suo personaggio la rendono differente dalle attrici della sua generazione, come dimostra una carriera costellata di successi e in continua ascesa che l’ha vista protagonista di pellicole quali Mio fratello è figlio unico, Giorni e nuvole (David di Donatello come Migliore attrice non protagonista), Il papà di Giovanna (Migliore attrice protagonista ai David di Donatello) e Hungry Hearts di Saverio Costanzo che le vale la Coppa Volpi per la Migliore interpretazione femminile a Venezia nel 2014. Ad Alice, più piccola di due anni, sono bastati due film per imporsi tra i talenti emergenti del panorama cinematografico europeo: Corpo celeste, presentato alla Quinzaine a Cannes con cui vince il David di Donatello al Miglior regista esordiente, e Le meraviglie, Grand Prix della Giuria a Cannes (interpretato, tra gli altri, da sua sorella). Il suo è un cinema che si muove tra memoria e nostalgia, ricco di elementi fiabeschi e popolari, capace di restituire al pubblico la magia e il disincanto di mondi che si avviano a scomparire. Nel 2018, sempre a Cannes, vince il Premio per la Migliore sceneggiatura per Lazzaro Felice: anche in questo caso nel cast c’è Alba.
JONATHAN SAFRAN FOER 
Primo Levi e Italo Calvino sono tra i suoi scrittori preferiti: con Levi condivide l’ebraismo, con Calvino il gusto per l’immaginifico e il surreale. Considerato, a poco più di quarant’anni, uno dei più grandi e originali talenti della narrativa mondiale, animerà un atteso incontro alla Festa del Cinema, approfondendo, a partire dalla sua opera, il rapporto fra letteratura e cinema. Il suo primo romanzo, “Ogni cosa è illuminata”, pubblicato nel 2002, è un singolare pellegrinaggio esistenziale nella memoria, che trae ispirazione dal viaggio in Ucraina realmente compiuto dall’autore nel 1999 alla ricerca di testimonianze delle sue origini familiari, in particolare del nonno (la madre di Safran Foer è figlia di sopravvissuti all’olocausto). Divenuto un bestseller internazionale, ha raccolto il consenso della critica letteraria. Il secondo libro, “Molto forte, incredibilmente vicino” (2005), indaga il post 11 settembre negli Stati Uniti con un taglio originale e spiazzante. Da entrambi i romanzi sono stati tratti film: il primo diretto e sceneggiato nel 2005 da Liev Schreiber; il secondo, del 2011, per la regia di Stephen Daldry, con Sandra Bullock e Tom Hanks. Nel 2009 ha firmato il saggio “Se niente importa”, drammatico grido di accusa contro il consumo di carne e gli allevamenti intensivi e formidabile testimonianza della scelta morale del vegetarianesimo compiuta dallo scrittore. Un lungo intervallo, fino al 2016, anno di pubblicazione del nuovo romanzo, “Eccomi”: un racconto di profonda ispezione all’interno di una coppia in crisi matrimoniale, che affronta con coraggio il tema della famiglia e dell’identità ai nostri giorni.
GIUSEPPE TORNATORE
Tra gli autori italiani più amati e premiati a livello internazionale, Giuseppe Tornatore ha costruito la sua carriera su un cinema che rievoca nostalgicamente il passato, fortemente italiano eppure esportabile all’estero la cui forza risiede nel raccontare storie piccole e semplici, di un mondo perduto, con una delicatezza e quel misto di malinconia e ironia che donano al racconto un’aura di magia e lirismo. Alla prossima Festa del Cinema, il cineasta sarà protagonista di un Incontro Ravvicinato in cui approfondirà la sua passione per il noir, fra letteratura e cinema. Tornatore ha iniziato la sua carriera artistica occupandosi di fotografia. È stato regista teatrale e televisivo e autore di documentari, prima di approdare al cinema nel 1986 con Il camorrista. Ma è con il film successivo, Nuovo cinema Paradiso che la sua carriera compie una svolta decisiva. La pellicola vince l’Oscar® per il Miglior film straniero nel 1990, oltre al Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes, un Golden Globe  e cinque BAFTA. Nel 1995 viene nuovamente nominato all’Oscar® con L’uomo delle stelle. Il cinema di Tornatore è un cinema della memoria che da Malèna a Baarìa, da La leggenda del pianista sull’oceano a La sconosciuta, passando per i più recenti La migliore offerta e La corrispondenza, ha saputo rendersi identificabile attraverso un linguaggio tanto universale quanto personale, ma sempre fortemente poetico. L’Incontro Ravvicinato si svolge con il sostegno di Poste Italiane.
SIGOURNEY WEAVER
Con le sue magnifiche interpretazioni Sigourney Weaver ha saputo affermarsi attraverso un’immagine di donna sicura e determinata, tenace e risoluta, in grado di costruire personaggi caratterizzati da un’energia e una freschezza insolite nel panorama hollywoodiano. Dotata di un’indubbia presenza scenica, notevole carisma ed elevata dose di fascino, l’attrice sarà protagonista di un Incontro Ravvicinato, durante il quale ripercorrerà la sua brillante carriera. Nata a New York, figlia di Sylvester Weaver, affermato produttore televisivo, Susan Alexandra Weaver decide di adottare il nome d’arte Sigourney dopo aver visto Il grande Gatsby di Elliott Nugent. Inizia a frequentare corsi di recitazione sin dai tempi del liceo e, nel 1977, debutta come comparsa in Io e Annie di Woody Allen. Due anni dopo, Ridley Scott le offre il ruolo di protagonista in Alien, prima parte della saga sci-fi della quale interpreta anche i tre sequel: per il secondo capitolo ottiene la sua prima candidatura all’Oscar® come Miglior attrice protagonista. Verrà nominata altre due volte all’Oscar®: nel 1988 come protagonista per l’interpretazione della ricercatrice Dian Fossey in Gorilla nella nebbia di Michael Apted (vincerà però un Golden Globe); nel 1989 come non protagonista per il ruolo di un’ambiziosa e brillante dirigente in Una donna in carriera di Mike Nichols. Straordinaria la lista dei registi che l’hanno scelta per i loro film, da Ivan Reitman ad Ang Lee, da Roman Polanski a David Fincher e James Cameron.
I mestieri del cinema | Direttori della fotografia
ARNALDO CATINARI – LUCIANO TOVOLI
Il direttore della fotografia è una delle figure fondamentali nella realizzazione di un film e la scuola italiana ha prodotto, nel corso dei decenni, straordinari “maghi della luce”, alcuni dei quali molto apprezzati anche a livello internazionale. Due di loro si confronteranno alla Festa del Cinema in un incontro a cura di Mario Sesti: Luciano Tovoli, vincitore di due Nastri d’argento, nel 1976 per Professione: reporter di Michelangelo Antonioni e nel 1989 per Splendor di Ettore Scola; e Arnaldo Catinari, autore della fotografia di opere come Luce dei miei occhi, Il caimano, Parlami d’amore, I demoni di San Pietroburgo e Vallanzasca – Gli angeli del male. Tovoli, classe 1936, esordisce come direttore della fotografia in Come l’amore di Enzo Muzii nel 1968. Collabora con numerosi registi, italiani e internazionali: da Dario Argento, con il quale gira Suspiria la cui fotografia è ancora oggi considerata una delle più innovative e disturbanti mai realizzate, a Luis Buñuel, da Valerio Zurlini a Marco Ferreri. Protagonista negli anni Settanta del rinnovamento dei canoni artistici del cinema italiano, Luciano Tovoli è un vero e proprio artista della luce, in grado di plasmare ombre e bagliori regalando allo spettatore suggestioni che si fissano nello sguardo e nella memoria. Catinari è stato direttore della fotografia di oltre ottanta film, collaborando con i più noti registi italiani degli ultimi anni, da Gabriele Muccino a Nanni Moretti, da Luciano Ligabue a Paolo Virzì e Riccardo Milani. Il suo stile è un connubio sapiente di innovazione e tecnica classica, così come ogni sua inquadratura è in grado di contenere tradizione e rivoluzione.
I mestieri del cinema | Montatori
ESMERALDA CALABRIA – GIOGIÒ FRANCHINI
Stanley Kubrick sosteneva che “Tutto quello che precede il montaggio è semplicemente un modo di produrre una pellicola da montare”. Il montaggio è l’ultima e decisiva scrittura del film, dopo la sceneggiatura e le riprese, e sarà al centro di un incontro, a cura di Mario Sesti, che metterà di fronte due autorevoli montatori italiani: Giogiò Franchini ed Esmeralda Calabria. Montatore “di pancia”, così ama definirsi Giogiò Franchini, mago del suono, ha collaborato con registi come Paolo Sorrentino, Jonathan Demme, Valeria Golino e si è aggiudicato il David di Donatello per La ragazza del lago di Andrea Molajoli. Nel corso degli anni ha continuato a portare avanti l’idea di montaggio come strumento per spiazzare e infondere meraviglia negli occhi dello spettatore, avendo come unico scopo quello di mantenere viva l’attenzione di chi guarda. Esmeralda Calabria, montatrice per autori come Nanni Moretti, Francesca Archibugi e Giuseppe Piccioni, vincitrice di un David di Donatello e di un Nastro d’Argento per Romanzo criminale di Michele Placido, è anche regista: il suo esordio dietro la macchina da presa avviene nel 2007 con Biùtiful cauntri seguito, nel 2017, dal documentario Lievito madre – Le ragazze del secolo scorso, diretto insieme a Concita De Gregorio. Per lei il montaggio è uno strumento fortemente poetico e immaginativo, in grado di superare la struttura narrativa del testo, a favore delle immagini.

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